Dott. Daniele Fabbri

Coxartrosi

L’usura della cartilagine articolare che colpisce l’anca viene definita coxartrosi. Essa rappresenta una patologia molto invalidante ed esplosiva nei sintomi.

La riduzione progressiva della cartilagine crea la formazione di osteofiti, portando a una graduale riduzione della mobilità.

 

I PRINCIPALI FATTORI CHE INDUCONO LO SVILUPPO DELLA COXARTROSI SONO MOLTEPLICI

ma nella maggior parte dei casi si possono ridurre a un naturale invecchiamento delle cartilagini, tanto più precoce se si ha una ‘predisposizione’ genetica al degrado articolare. 

Altre cause principali sono da addurre alle forme secondarie: anomalie dalla nascita (displasie dell’anca), esiti di patologie dello sviluppo (morbo di Perthes, epifisiolisi), eventi traumatici (fratture), necrosi della testa del femore, dismetrie degli arti inferiori, ecc…

I fattori di rischio noti sono molto pochi, proprio per l’enorme variabilità delle cause che possono scatenare la coxartrosi. 

I principali sembrano essere l’obesità, lavori ripetitivi ad alto carico, sport con un ampio coinvolgimento delle anche in rotazione. In ogni caso, la genetica e tutte le deformità sovracitate rappresentano ancora oggi i principali fattori di rischio riconosciuti.

Sintomatologia

IL DOLORE È IL SINTOMO PRINCIPALE DELL’ARTROSI DELL’ANCA. 

 

Il paziente in genere avverte dolore alla piega dell’inguine, a volte nella parte anteriore della coscia oppure a livello del fianco o del gluteo. Talvolta, poi, può irradiarsi fino al ginocchio. È per questo motivo che il medico deve visitare anche l’anca, quando il paziente lamenta un dolore al ginocchio. Il dolore, infine, può irradiarsi alla faccia anteriore della coscia, oltre che a quella posteriore. E’ da ricordare che spesso il dolore è scarso o quasi nullo, per una predisposizione personale. Inoltre, essendo una patologia che nei casi ‘primari’ decorre lentamente nel tempo, permette inconsciamente al paziente di sviluppare una serie di compensi per evitare di sentire male.

La rigidità dell’anca riduce la capacità di camminare e la distanza percorsa. La flessione limitata e il blocco alla rotazione sono le cause di disagio principale mentre ci si siede, oppure quando bisogna mettersi le scarpe (detto segno della scarpa) e tagliare le unghie del piede.

La zoppia è comune, soprattutto nei casi di contrattura in flessione dell’anca. Spesso a questa si associa anche la perdita di masse muscolari, un atteggiamento vizioso con deformità in flessione o un accorciamento della gamba interessata rispetto all’altra.

Indagini

L’ESAME CLINICO È FONDAMENTALE PER ESCLUDERE ALTRE CAUSE

che potrebbero essere responsabili di un dolore simile. Questo concetto è particolarmente importante nei pazienti anziani in cui coesistono diverse patologie (sono spesso associate, in particolare, a problematiche della colonna vertebrale).

RX: le radiografie mostrano la malattia e la sua evoluzione, la topografia dello spazio articolare e la sua portata. Gli esami radiografici, inoltre, aiutano a diagnosticare malformazioni anatomiche che favoriscono l’artrosi dell’anca (displasia e sublussazione, protrusione acetabolare, epifisiolisi, morbo di Paget e altro), la sua evoluzione, le conseguenze dell’usura, ecc… Indubbiamente la radiografia rappresenta l’esame gold standard per una diagnosi di coxartrosi. 

RMN: rappresenta un esame di secondo livello, utile per la valutazione delle cause non meccaniche. In particolar modo quando si va a studiare la presenza o l’evoluzione di una necrosi della testa del femore.

TC: esami riservato ai casi gravi per la valutazione tridimensionale della presenza di osso e della sua quantità per studiare il caso in maniera opportuna e prepararsi a un intervento che si sa potrebbe essere complesso. 

Trattamenti

COMBINAZIONE DI TRATTAMENTI FARMACOLOGICI E NON.

Il trattamento non farmacologico dell’artrosi del ginocchio dovrebbe includere:

  • l’educazione del paziente sulla malattia e la sua evoluzione;
  • l’esercizio fisico regolare per mantenere la gamma di movimento e la resistenza muscolare;
  • l’uso di ausili tecnici (bastone o stampella);
  • la riduzione del peso eccessivo.
 

In molti casi i farmaci possono limitare i danni della gonartrosi e ridurre il fastidioso dolore al ginocchio.

 trattamenti farmacologici 

Farmaci antiinfiammatori e/o antidolorifici: l’efficacia di questi farmaci, sia per uso orale che intramuscolo, ha una durata e una efficacia proporzionale allo stato di avanzamento della malattia. Normalmente la risposta è molto varia da paziente a paziente, in molti casi di scarsa durata o effetto. 

Condroprotettori (glucosamina solfato, condroitin solfato e acido ialuronico): hanno un blando effetto antinfiammatorio ma sono utili nel coadiuvare l’efficacia dei FANS;

Infiltrazioni con acido ialuronico: normalmente viene eseguito con l’aiuto di un ecografo e vengono scelti acidi ad alto peso molecolare. La risposta è a macchia di leopardo, variabile con risultati che possono essere molto buoni o scarsi/dolorosi. Rappresentano un valido tentativo di procastinare un possibile intervento, soprattutto in assenza di deformità o condizioni estremamente gravi;

Infiltrazioni con PRP o derivati dal tessuto lipidico: la medicina rigenerativa, data l’alta componente meccanica nello sviluppo dell’artrosi e del dolore di questo distretto anatomico, spesso ha risultati difficilmente prevedibili. Come per l’acido, rappresentano una opzione da valutare su consiglio dello specialista.

Chirurgia della coxartrosi

L’estrema ratio per patologie altamente invalidanti, dolorose o resistenti a tutte le terapie proposte, rappresenta un intervento di sostituzione protesica.

Nell’intervento di protesi totale d’anca, le superfici articolari danneggiate vengono rimosse e sostitute con le componenti protesiche.

LA TESTA FEMORALE VIENE SOSTITUITA CON UNA NUOVA TESTA,

in ceramica o in lega di cromo-cobalto, ancorata ad uno stelo in titanio o in lega di cromo-cobalto, che viene fissato all’interno del canale femorale.

La cartilagine usurata dell’acetabolo viene sostituita invece con una coppa (cotile) sempre in materiale metallico poroso, titanio o tantalio, che viene fissata ad incastro nel bacino. In caso di scarsa tenuta, la fissazione della coppa può essere implementata mediante l’utilizzo di viti che saranno utili nei primi 2-3 mesi fino alla fase di integrazione ossea. Raramente è necessario ricorrere alla fissazione con cemento del cotile. All’interno del cotile viene poi posizionato un inserto, in polietilene o ceramica, che costituirà la superficie di scorrimento per la nuova testa femorale.

Le vie di accesso sono molteplici sia per sede, sia per invasività ai tessuti molli, sia per velocità di recupero. La scienza ha ampiamente dimostrato pregi e difetti di ognuna di queste, non presentando particolari differenze nel medio lungo termine tra ognuno di esse. Analogamente il discorso viene effettuato per la scelta del ‘tipo’ di protesi: deve essere fatto solo ed esclusivamente per trovare il compromesso migliore per il paziente e non esasperare la mini invasività a tutti i costi.